Le Case
Design
Mostre
Contatti
STUDIO ANDREA GOBBI
Via dei Lucani 33/A
00185 ROMA
Tel/Fax +39-06-44340151
andreagobbi@tiscalinet.it
C.F. GBBNDR67H13E897T
MASSIMO LIVADIOTTI, “VIAGGIO A TAXILA”
ottobre - novembre 2002
Galleria | Esposizione | Bibliografia 

VIAGGIOA TAXILA
Partire da ciò che SEMBRA per introdursi nell'essenza che E'.
Guardare ciò che E' per comprendere quel che prima SEMBRAVA.
Iniziare dalle fondamenta visuali di MASSIMO LIVADIOTTI. Ovvero, muoversi dalla struttura iconografica della superficie, usando gli occhi mentali per una cadenzata riflessione oltre la prima istantanea. Pupille scivolo se potrebbero confondere l'essenza figurativa con la retorica orientale di ovvia importazione. Ma qui non c'entra il citazionismo per palati occidentali da derive melanconiche. Niente folklore o banali nostalgie per la terra promessa del buddismo da pinacoteca chic. La visione di Livadiotti è tutt'altro da ciò, implica profonda onestà e solida cultura, parla una lingua mediterranea impastata di speziature filosofiche e luci lontane. Resta formalmente calibrata, ben condotta nel tratto e co~ore, pronta a farsi decodificare secondo modalità che scansano gli equivoci. Qualcuno, certo, potrà innamorarsene per la nostalgia di un induismo odoroso: ma ciò non fa male poiché riguarda il gioco soggettivo delle parti. Altri coglieranno determinanti dettagli, andando dove vuole scivolare ogni "pittura di pensiero". Fondamentale è che il sottotesto contenga sempre la disciplina del tutto, consigliando alcune precedenze morali e un peso specifico della forma (interiore) oltre la forma (esterna). Le opere di Livadiotti dimostrano personalità e radici etiche, orchestrando il bagaglio d'informazioni in un sincretismo controllato, denso, esaltante. Lo stesso disegnare si contamina con la memoria di un mondo trasversale e altrettanto stimolante. Uno sguardo dove le vicinanze tra Oriente e Occidente vincono sulle plausibili diversità. Un occhio civile che sottolinea le lingue comuni, i dialoghi scambievoli, le. influenze reciproche, i territori sinergici.
Si intitola "Viaggio a Taxila" il raffinato progetto per lo Studio Andrea Gobbi. Dodici grandi carte perimetrano il percorso espositivo attorno alla statuaria del GANDHARA. Per chiarirci i lumi, siamo nel nord dell' attuale Pakistan, nella zona che vide il passaggio di Alessandro Magno coi suoi generali greci e macedoni. Taxila divenne una capitale del buddismo che sotto il Re Ashoka (III secolo a.c.) attraversò fasi di invidiabile splendore. Nacque così la civiltà Gandhara col suo stile ellenistico dalle

evidenti contaminazioni. Bassorilievi e sculture in scisto verde mescolavano la classicità dei discendenti di Alessandro Magno con la libertà barocca delle forme indiane. Un momento unico nella storia artistica, forse tra i più moderni nelle sue consapevoli e sublimi fusioni. Livadiotti torna così nei riti che conosce e rispetta, recupera un luogo prezioso, aggiungendo valori ad una pittura che rinnova la forma tramite 1'interpretazione dei suoi temi.
"Viaggio a Taxila" si conforma attraverso il sapiente controllo del disegno e dei colori. Ogni carta sviluppa una dominante cromatica lungo un alfabeto di tinte emotive, morbide nei toni calibrati, quasi una pelle protettiva per lo sguardo occidentale. Quei rosa o azzurri sono 1'ammortizzatore che accoglie il percorso della visione, lo rende comodo e conduce in avanti, verso il cuore pulsante di ogni racconto pittorico. La stessa superficie cartacea è una geografia morbida e ipersensibile. Un terreno per la crescita mentale di colori liquidi quanto la contaminazione. Le atmosfere serafiche attirano l'occhio distante, lo carezzano, offrono calma per metabolizzare il diapason di ogni pezzo. Dentro le crornie si sviluppa un'energia che contiene la storia, il futuro e la loro unione nel continuo tempo presente. Livadiotti cammina su tale filo col suo dipingere emozionato eppure asciutto, sentimentale ma rigoroso. Equilibrato quanto basta per svincolarsi dal kitsch e reinventarsi una METAFISICA GLOBALE.
Impossibile non scovare le citazioni induiste e buddiste: più precisamente, i prelievi espliciti che si metabolizzano nel salto narrativo dell'opera. Livadiotti vuole far capire le provenienze geografiche, gli intrecci storici, le energie culturali. Ma non disattende mai la capacità di reinvenzione registica, il senso scenografico di allestimenti figurativi che disvelano la finzione. Meno ovvio eppure presente è anche il richiamo a certi corsi della pittura occidentale. In particolare ad Alberto Savinio, il più calzante dei nomi adiacenti: un maestro che scriveva con la pittura e dipingeva tramite le parole, artefice di un salto nella natura artificiale del sogno meticcio. Anche Livadiotti mostra una coscienza letteraria che semina germi pittorici. E con Savinio condivide la tenacia linguistica di una "metafisica globale" che attraversa il tempo e lo spazio.
Ipertecnologia diffusa, fame dilagante in paesi africani e asiatici; ricerca scientifica estrema, pericolo per alcune epidemie senza cura; sviluppo metropolitano, degrado della periferia; calciatori sempre più ricchi, sport minori sempre più poveri; vizi che dilagano oltre ogni morale, fanatismi religiosi che non tollerano quasi nulla; virtualità digitale, prostituzione in larga crescita: il mondo odierno vive di estremi che confondono e fanno paura. Modernità ed echi arcaici creano contrasti impressionanti per l'occhio,

altrettanto paurosi per i modelli sociali della cultura attuale. Ma le frizioni concrete sono anche il segno dello scambio, degli apporti dialettici e dei reciproci vantaggi. Le grandi cose pullulano, oggi più che mai, dove la Civiltà ha già creato solchi millenari. India e Cina, ad esempio, sono culle della cultura che dilatano i valori tecnologici del presente. L'Europa (formalmente) unita rappresenta l'ideale fusione tra umanesimo e nuove filosofie. Il Medio Oriente sta esplodendo nell'era di una civiltà elettronica che "istiga" le tradizioni religiose. Massimo Livadiotti racconta il "punto di fusione mentale", il luogo ipotetico in cui la combinazione culturale crea gli sviluppi del pensiero meticcio (e qui torna il discorso sulla "metafisica globale"). Guarda nelle zone dove nascono le proprie radici, dove si richiamano alcune scelte private, dove sente la giusta controparte rispetto a Roma. Non dimentichiamo proprio l'incidenza di quest'ultima sulla creatività individuale, soprattutto tra autori che conoscono i percorsi archeologici, le antiche gesta, i segreti nascosti. Mi raccontava Livadiotti di quanti reperti medi orientali occupino il suolo capitolino. Un tesoro disponibile di cui molti non si accorgono, credendo che l'unico oriente (medio o estremo) riguardi le famiglie cinesi di Piazza Vittorio e le venditrici ambulanti d'accendini pop. Per merito dei bravi artisti capisci la grandezza di Roma, la sua vitalità oltre qualsiasi provincialismo, la presenza centrale negli equilibri dell'umanità. E vedi quando iniziano molte storie, quando si incontrano le distanze, quando il mondo parla un esperanto visivo.
Il SINCRETISMO inizia dove le voci dissonanti trovano la nota comune.
"Bodhisattva", ovvero, un Concorde che sorvola il cielo rosa mentre una testa scultorea pare osservarlo da troppo vicino. "Il Rifugio", ovvero, un busto che spunta dal tetto di un palazzo razionali sta mentre alcune assi sbucano dall'adiacente edificio e lo tengono diritto. La maggior parte delle sculture si regge sui rudimentali ponteggi che qualcuno ha impiantato nel suolo. Attorno a loro ecco un paesaggio che apre gli orizzonti, i cieli che si perdono nelle memorie del colore, la vita che entra nel mito ma senza frastuoni. Ne "Il Regalo" una grande testa sta dentro una barca che galleggia su un placido fiume, ricordando i viaggi di Thodoros Anghelopulos col gigantesco Lenin scultoreo nella barca de "Lo sguardo di Ulisse". Una sequenza e un titolo non certo casuali mentre scorrono le carte di Livadiotti. La sua pittura attraversa il tempo e lo spazio con la mestizia fluida del gozzo lungo un quieto fiume. Guarda le rive e reinventa i confini, si lascia accompagnare dalla corrente, osserva l'orizzonte lasciato ma scruta sempre la rotta in avanti.
Le opere implicano un percorso progressivo, ricco di improvvise scoperte, diviso tra fascino innato e

sedimentazione culturale. Il primo disvelarsi riguarda la "carne visiva", un'epidermide pittorica che conosce 1'iconografia, la sua presa comunicativa, i valori della fascinazione formale. La seconda scoperta, invece, ci ricollega ai titoli e all'ambiguità dei racconti visivi. Qui focalizzi che tra gli elementi antichi passano strani dettagli, ultrarealismi riguardanti la via visionaria, l'interpretazione anomala, lo sguardo mentale. Col tempo i disvelamenti si sommano, addizionando dati che rendono la chiave estetica ancor più funzionale all'idea. L'apparenza arcaica delle citazioni è il risultato di una forte empatia tra 1'autore e la contemporaneità. La sua pittura nasce dal pensiero profondo ma sempre più trasversale, dall'apertura del confronto geografico, dalla curiosità senza preconcetti. Livadiotti conosce le radici delle sue passioni e non abdica ad un lungo viaggio nella vera contaminazione.
Una pittura stupendamente meticcia, nomade per strategia intellettuale, sempre più inclassificabile e libera. Un viaggio verso Taxila, verso la complessità del passato e l'incognita del futuro. Nella terra mai promessa dove la x di Taxila ci guida al mistero della mente.
Taxila, città che si insinua tra le nostre fondamenta. Luogo di modernità e cultura, centro di vita e benessere_spirituale. Un passaggio dentro la storia che si è tradotto in splendore e decadenza. Oggi ne conserviamo tracce, segni visivi e verbali, racconti e mitologie. E capiamo dove si sono fermati alcuni territori un tempo inimitabili. Nuclei propulsivi che, ad un certo punto, non hanno assimilato la giusta frizione tra poli contrastanti (civiltà tecnologica e valori spirituali). Proprio qui, dove il progresso sembra il sogno della fantascienza, il mondo può rileggere il libro delle nostre origini.
Taxi, ali, Taxila, Italia, Alì, tax, X... come una parola contiene la diversità, così il nostro sguardo possiede la memoria del futuro.
Gianluca Marziani